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IL SECONDO ANNO A CAMINA.


GIORNATE GRIGIE.


Quando il maestro ritornò a Camina v’era già un buon numero di villeggianti, e correva ogni giorno una nuova notizia, che faceva il giro del paese: — Ieri è arrivata la famiglia Borelli. — Stasera arriva la signora dell’ingegnere. — S’è già visto passar le casse di casa Fiorini. — Ma con la stagione della villeggiatura parve che cominciasse la disdetta per lui. Una delle ultime arrivate fu la famiglia d’un professore dell’Università di Genova, che lo chiamò a far ripetizione a un suo figliuolo, stato rimandato agli esami di licenza dalle scuole elementari. In quella casa c’era una bella signorina di diciassette anni, la quale sotto un visetto pallido e sentimentale nascondeva una civetteria feroce, una smania irrefrenabile di tirare al bersaglio con gli occhi sul primo capitato, così per esercizio e per spasso, seducendo anche la vittima con un suo vezzo particolare, che era di trattenere il fiato ogni tanto e poi di sprigionarlo con forza, come se una profonda commozione le sollevasse il cuore. Costei si mise subito a fare alle occhiate e a finger delle subitanee palpitazioni col giovine maestro, il quale, senza cadere in alcuna illusione, ne provò una viva compiacenza d’amor proprio, pensando che se anche non era che un capriccio quello di lei, rivelava però un’anima gentile, che comprendeva la nobiltà della sua professione e non disprezzava la modestia del suo stato. Ed egli rispose, con discrezione, all’invito, e il gioco delle pupille e delle mezze parole durò fin che arrivarono vari giovani professori; amici della famiglia, e un cugino