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134 I martiri della ginnastica


Poveri Atlanti della società futura! Per la maggior parte quelli furono veramente trenta giorni di purgatorio. Alcuni, che eran maestri in villaggi vicini, venivano in città la mattina prestissimo, facendo chi due e chi tre miglia di Piemonte, a piedi, e se ne tornavano, sempre a piedi, dopo la lezione del pomeriggio. Degli altri, molti dormivano su pagliericci in uno stanzone dato dal Municipio, altri qua e là, in locande da carrettieri; varie maestre eran ricoverate in un monastero. La maggior parte di queste, non avendo danari da mangiare alla trattoria, facevan colazione all’aria aperta; e si vedevano, tra una lezione e l’altra, in gruppi di tre o quattro, sedute lungo il passeggio pubblico, che mangiavano pane e salame, o un popone comprato in società, o polenta fredda, e bevevano alle fontane o ai rigagnoli; alcune coi loro ragazzetti, che s’eran condotti dai villaggi, altre dando latte ai bambini; e dopo mangiato, parecchie dormivano sui sedili di pietra dei viali, col capo appoggiato sugli involti delle loro robe. Al Ratti, a quella vista, si stringeva il cuore; tanto più quando signori o signore della città guardavano, passando, quella povera gente con un sorriso di compassione fredda, da cui pareva che fossero più scandolezzati che impietositi al veder dei maestri in quella condizione. E lo sdegno gli suscitava allora dei pensieri affatto opposti a quelli ch’egli aveva avuti al primo vederli: egli non si vergognava più dei suoi colleghi; ne accettava anzi con alterezza la fratellanza per respingere in nome di essi la commiserazione oltraggiosa, per dire in cuor suo a quei borghesi che quello spettacolo compassionevole che davan di sè i maestri del loro paese, non era in fondo che un effetto lontano della loro vergognosa indifferenza, mascherata di vuote ciancie umanitarie, per la scuola del popolo e per i suoi insegnanti, un riflesso indiretto dell’ignoranza, dell’ignavia, dell’impostura patriottica di milioni di borghesi pari loro.


Nella palestra, però, dove non c’erano spettatori estranei, il giovane maestro non poteva qualche volta trattenere il sorriso; uno di quei sorrisi provocati irresistibilmente da certi aspetti comici, senza che c’entri ombra di dileggio per le persone, alle quali anzi si