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I martiri della ginnastica 133

trando nella palestra ginnastica, vide passare la maestra Strinati di Garasco, la maestra Manca di Piazzena, il Calvi d’Altarana; e quando furon tutti schierati sotto la tettoia, intenti alla chiamata d’un ispettore con la barba bianca, che i maestri del luogo chiamavano Depretis, sentì pronunziare il nome della Falbrizio, a cui la nota voce rispose: Presente. Ma questo piacere gli fu turbato subito dal senso di tristezza che gli fece l’aspetto di quella gente schierata. Erano una quarantina d’uomini e una quarantina di donne, queste in due file a destra, quelli a sinistra, tutti sotto una vasta tettoia, davanti alla quale si stendeva un cortile quadrato, con gli attrezzi di ginnastica. Quali ginnastici, Dio buono! Erano gl’invalidi del corpo insegnante, tutti coloro che per vecchiaia o malattie o difetti fisici avevano tardato il più possibile a presentarsi a quella berlina, e che, dopo aver tentato in mille modi di sottrarvisi, s’erano rassegnati a venirvi per non perdere il pane. Il Ratti ebbe vergogna di essersi lasciato ridurre in mezzo a una tal retroguardia. C’erano vecchie di settant’anni, preti coi capelli bianchi, maestri vestiti da contadini, già curvi dagli anni, donne incinte; c’eran due monache grasse e un gobbo; e qua e là teste pelate, faccie sparute con gli occhiali, spalle cadenti, gambe floscie, scarpe di panno. Di giovani come lui, sette o otto appena; fra le maestre, due sole al disotto dei trent’anni; fra le quali egli riconobbe quella tal frugolina di Pieve, che faceva delle scappate a Garasco sempre con le mani piene di fiori, e che aveva nel suo villaggio una scuoletta, uno spicchio di casa e un giardino, tutto piccolo e grazioso come lei: era un po’ ingrassata, ma pareva sempre giovanissima. Da questi in fuori, non c’era che maturità avanzata, vecchiaia, malanni e miseria. L’ispettore presentò agli uomini il maestro di ginnastica, un giovane smilzo e allegro, con una giacchettina così stretta e dei calzoni così attillati, che pareva vestito d’una maglia nera, come un diavolo di palcoscenico; e alle maestre una signora bruna e grave, con la divisa nei capelli da un lato, che le dava un’aria bellicosa: era una maestra di ginnastica di Torino. L’uno e l’altra fecero una breve introduzione oratoria al loro corso, e il giorno dopo incominciarono le lezioni.