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Altri paria 125

corso da un maestro giovane e fresco di studi, non perchè non sapesse scrivere lui, ma perchè ora il modo di scrivere che egli aveva imparato non piaceva più essendo mutato, come ogni cosa al mondo, lo stile, e le autorità non vedendo più di buon occhio i maestri che scrivevano con le frasi di una volta. Questo pover uomo aveva un figliuolo soldato, e nel suo villaggio, per aiutarsi a vivere, faceva lo zoccoliere. Uscendo, improvvisò in forma di ringraziamento uno scherzo in due versi così lagrimevole, che per poco il Ratti non mise la mano in tasca per dargli due soldi. Ritornò poi altre volte a salutarlo, e un giorno gli presentò un altro suo collega, anche più povero e più originale di lui, venuto a Camina a riscuotere lo stipendio dall’esattore: uno che per campare, nel suo comunello, faceva insieme il maestro, il collettore di posta e il segretario d’un paesetto vicino; oltredichè cavava qualche lira vendendo degli scoiattoli, che aveva una destrezza mirabile a cacciare; e viveva in un terrore continuo di perdere qualcuno dei suoi impieghi, dopo che eran comparsi in un giornale della provincia due articoletti contro di lui, intitolati: — Il maestro ubiquista e accumulazione degli stipendi; tanto che al solo vedere una gazzetta si rannuvolava. E tuttavia il Ratti seppe di costui che c’era in un’altra borgata un maestro, il quale

per questa noia di mangiare e bere


aveva, durante una lunga malattia del titolare, fatto il beccamorti; e la cosa era stata divulgata in un numero del Supplemento del Popolo, ch’egli conservava, per amore dei commenti filosofici che andavano uniti alla notizia. Era una smania generale anche da quelle parti di mettere i poveri maestri alla gogna dei giornali. Un mese prima, appunto, dopo tanti anni che lo lasciavano in pace, avevano scritto una corrispondenza contro un vecchio maestro prete, rimproverandolo di corrompere i ragazzi con la soverchia mansuetudine; e quell’articolo, il primo di cui fosse fatto segno in vita sua, gli aveva a tal punto sconvolto l’anima, che da quel giorno egli aveva cominciato in scuola a tirar calci e ceffate con così matto furore, che gli sco-