raziocinio, sentimento, volontà, ecc. Ma che impresa disperata gli apparve fin da principio! Quasi tutti pareva che per diffidenza istintiva cercassero di nascondere l’animo proprio, in tutti era qualche cosa di chiuso e di restìo, gli riescivan tutti eguali. Nè intorno alle loro famiglie gli veniva fatto di scoprir di più: quando una domanda usciva dal cerchio delle cose di scuola, non gli davan più risposta. E oltre a tutto questo, incontrava difficoltà inaspettate anche nella tecnica dell’insegnamento: nel definire in modo intelligibile le cose più semplici, nel rispondere alle interrogazioni improvvise di tre o quattro perspicaci e curiosi sul significato di certi vocaboli, nell’alternare gl’insegnamenti diversi senza dar luogo a disordine, nel condurre il dialogo in modo da tener desta l’attenzione e da non perdere tempo. Tutto faceva; ma tutto gli riusciva più stentato e men chiaro, e gli dava minor frutto di quello che si fosse aspettato. Ed anche provava quel senso molesto, che tutti provan più o meno, da principio, i nuovi maestri, e che in alcuni dura lungo tempo, una certa suggezione inquieta di tutti quegli occhi fissi nei suoi, somigliante a quella che risentono gli ufficiali appena promossi la prima volta che vanno davanti al plotone: una specie di pudore di novizi, derivante in parte dal sospetto che i subordinati stiano aspettando degli errori d’inesperienza o indovinino la peritanza o la vergogna dell’esordiente. Quante cose aveva ancora da imparare e da provare! Quanto poco gli rimaneva di immediatamente utile di tutto quell’ammasso confuso di roba che aveva ingoiato alla Scuola normale!