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86 Camina

franco. Era proprietario di terreni e negoziante di vino; un pezzo d’uomo tra i cinquantacinqne e i sessanta, con viso e corpo di contadino, con gli occhi piccoli e severi, un enorme naso a gancio, la bocca arcata e dura; il quale mostrava d’aver trattato la vanga fino a giovinezza inoltrata, e anche nel vestimento pulito diceva l’origine agricola. Squadrato che ebbe il maestro, parve che la sua persona smilza e quel non so che di signorile che aveva nell’aspetto gl’ispirassero poca fiducia: lo giudicò forse un giovanotto un po’ vano e un maestro poco autorevole; ma i suoi modi rispettosi e la parola laconica modificarono subito quel giudizio. Egli stesso lo condusse a vedere la scuola, che era nella casa comunale, sotto il suo ufficio; uno stanzone quadrato e basso, che serviva anche per feste e per l’estrazione a sorte dei coscritti. Non c’erano che tre o quattro vecchi cartelloni di nomenclatura, segnati dalle dita dei ragazzi, i banchi male in bilico, e alcuni tenuti insieme con corde, e le pareti che ci parevan dipinti degli arcipelaghi; ma c’era spazio e luce; e il maestro non ne fu malcontento. Avrebbe voluto arrischiare un’osservazione sulla sporcizia dei muri; ma il sindaco lo prevenne, dicendogli con aria trascurata: — Già, ci potrebb’essere più bianco....; ma, infine, non ci han mica da venire dei figliuoli di marchesi.


LA MAESTRA ASPETTATA.


Le scuole, in barba al calendario scolastico, non si dovevano aprire che a mezzo ottobre: il maestro ebbe quindi il tempo di far tutte le sue visite con comodo. Anche lì, nei primi giorni, ebbe quella seccatura inevitabile di veder da ogni parte occhi curiosi di ragazzi e di parenti che gli pigliavano i connotati, e d’incontrare ogni momento dei personaggi sconosciuti, che gli passavano accanto senza guardarlo, e si fermavano dieci passi più in là per esaminarlo dalla nuca ai calcagni. Ma per sua fortuna la curiosità pubblica, in specie dei signori, era tutta occupata in quei giorni dall’imminente arrivo d’una nuova maestra di 2ª e 3ª;