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70 | In monastero |
nevano un educandato, al quale essendo annesse le scuole comunali del paese, l’ispettore governativo aveva imposto la ginnastica obbligatoria anche a loro; il perchè, dopo aver recalcitrato un pezzo, s’eran dovute rassegnare a far venire una maestra laica a prepararle agli esami di patente; col permesso del vescovo, ben inteso. Che strano, che indimenticabile senso le aveva fatto l’entrare in quel luogo, benchè avesse pattuito di poter uscire qualche volta con una donna di servizio! Il convento era bello, peraltro; aveva delle grandi finestre sul mare, un gran giardino con palme e alberi da frutto. Ma la cella che avevano assegnata a lei, piccola e nuda come quella delle monache, le era parsa una tomba, al primo entrarvi. E poi quel silenzio, quelle monache che al suon della campanella sparivano come ombre, quel modo di camminare che avevan tutte, che non si sentivano, e le apparivan sempre davanti all’improvviso, come se uscissero di sotto terra, quel continuo parlar sotto voce, come se dietro a ogni muro ci fosse un moribondo, che tristezza! Erano trenta monache, delle quali dieci maestre; eppure le pareva alle volte d’esser sola in quel vasto edifizio, e le pigliava un affanno, una smania di scappare o di gridar soccorso, come se tutte fossero fuggite di nascosto e avessero murato le porte per farla morir di terrore e di fame.
— Questo non fu che i primi giorni, — disse; — l’insegnamento mi distrasse subito. — C’era la messa alle quattro della mattina, poi le preghiere, la colazione, e dopo la colazione, la ginnastica. Ma quante difficoltà ci eran state prima di avviar le lezioni! Le monache, giusta il regolamento dell’istituto, non si potevano toccare: lei stessa, il secondo giorno, avendone presa una a braccetto in giardino, era stata solennemente avvertita dalla Madre che non lo facesse mai più, poichè non si poteva toccare una monaca se non nel caso che cascasse, per aiutarla a rialzarsi. Per questo, alla prima lezione di ginnastica in cui si sarebbero dovute toccare, le monache ricusavano di eseguire i movimenti, e ci volle il comando del confessore, il quale minacciò di non dare più l’assoluzione a quelle che non avessero obbedito, e l’intromissione della Madre, che le persuase ch’era lecito il contatto in quel caso, per cagion di forza maggiore. Vennero poi i passi rit-