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IN MONASTERO.
Era da oltre a un mese ad ***, in casa dei Goli, dove aveva trovato la sorella cresciuta e imbellita, quando una sera, poco prima di desinare, mentre stava pensando per chi potesse essere il quinto coperto che era stato aggiunto ai quattro soliti, venne il padrone ad annunziargli con un sorriso: — Ratti, una vecchia amicizia! — ed egli vide entrare impetuosamente una signora alta e bruna, che senza lasciargli il tempo di riconoscerla, gli prese tutt’e due le mani e gli diede due baci sulle guance. Era sua cugina, arrivata fresca d’allora, ancora tutta fremente d’aver ricuperato la sua libertà dopo quaranta giorni di vita claustrale, come fece capir subito con un: — Sentirai! — e un sospirone, che parevan la promessa della narrazione d’una fuga dalle cellulari. Il maestro la trovò cambiata anche questa volta: smagrita ancora e come annerita da un viaggietto in Africa; ma più ritta sulla vita, e anche più nervosamente vivace di mosse o di parola, come soglion diventare le ragazze verso la trentina, quando la gioventù grida più forte e s’impazienta perchè non ha più tempo da perdere. Levato che s’ebbe il cappellino, mentre si passava le mani in fretta sui capelli, il maestro osservò la sua bella capigliatura nera un po’ in disordine, che non aveva più visto dopo la gita a Pilona, e riconobbe le mani robuste che avevano