Pagina:De Amicis - Il romanzo d'un maestro, Treves, 1900.djvu/324

62 L’ultimo anno ad Altarana

scolaresca, la più trista, la più nefanda accozzaglia che gli fosse ancor toccata fino allora, un mucchio di vizi e di delitti in germe, una piccola casa di corrigendi, addirittura. Non c’era una faccia, diceva, che promettesse neppure alla lontana qualche cosa di simile a un galantuomo: eran tutti occhi di gatto e di faina, musi di can volpini e di bull-dog, crani di delinquenti e di selvaggi d’Australia. Ci aveva persino un mezzo cretino, che faceva i suoi bisogni in scuola, e che non gli volevan levare a nessun costo, forse per fargli dispetto, quantunque avesse già presentate più volte le sue lagnanze al Sindaco.

“Ma la malvagità di questa gente — diceva — passa tutti i limiti dell’immaginabile. Non sono arrivati fino a preparare in famiglia delle interrogazioni difficili, che poi incaricavano i ragazzi di rivolgermi in piena scuola, sotto pretesto di curiosità o di desiderio d’istruirsi, per cercar di mettermi nell’imbarazzo e farmi far la figura del somaro? Ed io, somaro veramente, mi ci son lasciato prender per un pezzo, e non capii il gioco se non quando il figliuolo del VILE venne per la terza volta in una settimana a infastidirmi, domandandomi il significato d’una parola che evidentemente erano andati a pescare insieme nel vocabolario, lui e il mascalzone che lo mise al mondo. — Signor maestro, che cosa vuol dire aggeggio? — Aggeggio! Questa straordinaria parola fu una rivelazione. — Vuol dire la corda per te — gli risposi — e per i briganti che t’hanno imboccato. — E da quel giorno le interrogazioni cessarono.„

Ma il più feroce persecutore del povero Lérica era il figliuolo del veterinario, un BOIA, al quale egli aveva dedicato una pagina intera della lettera, preso, a tal segno dal suo soggetto, da discendere, senz’avvedersene, a particolari di romanziere, come se si compiacesse in quel discorso, mentre la collera lo levava da terra. Quel ragazzo era una delle figure più antipatiche della scuola, una testa in forma di trottola, con gli occhi obliqui e due orecchie enormi, asino, sucido, infingardo, apatico, falso. Costui aveva preso a tormentarlo con gli occhi: lo guardava, nient’altro. Lo guardava fisso, continuamente, con uno sguardo acuto e freddo, che non diceva nulla, o ch’egli non capiva che