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24 Garasco

il benvenuto nella mia casa. Mi consideri, la prego nonostante la differenza d’età, come un amico.

E chinata leggermente la larga fronte di pensatore, uscì indietreggiando, e richiuse l’uscio con riguardo. Il maestro ne rimase incantato. Era quella certo la persona più rispettabile e più geniale ch’egli avesse conosciuto nella giornata, e lo compensava largamente di ciò che aveva sospettato di leggiero nel sindaco e di ambiguo nel segretario. Gli s’era offerto come amico, ma, fuor di dubbio, gli si sarebbe potuto profferire maestro. E già immaginava con piacere il tesoro di cognizioni e di buoni consigli ch’egli avrebbe potuto ricavare da quell’uomo raro, il quale, per dedicarsi meglio agli studi, si contentava di vivere nella solitudine d’un villaggio, e viveva forse la vita pura e disinteressata del pensiero, senza neanche una mira lontana d’ambizione. — In somma, — concluse, — la prima giornata è stata buona. Possa rispondere la continuazione al principio.


LE PRIME LEZIONI.

Le scuole si aprirono il cinque d’ottobre. Egli era stato chiamato a far la 1ª classe elementare, e, senza previo avviso, si trovò affibbiata anche la seconda; ma volenteroso com’era, non rifiutò. Ne aveva, fra tutti, una cinquantina. La prima impressione che gli fece la scolaresca, veramente, non fu gradevole: gli parve che, appetto a questi, gli alunni delle classi annesse alla Scuola normale fossero tutti fior di signori. Qui la maggior parte eran figliuoli di contadini; certe teste sbozzate con l’accetta, coi capelli setolosi e d’un biondo sporco: facce cotte dal sole, color di patata o di pattona andata a male; molti senza calze, coi piedi infilati in zoccoli o in scarpacce senza lacci, insaccati in rozze camicie aperte che lasciavan vedere i petti e le pance, vestiti di giacchette di frustagno stinto, che mandavano tutti insieme un odor forte di fieno. I più portavan libri e quaderni in sacche di cencio, appese a una corda, e le tenevano a tracolla durante la le-