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44 L’ultimo anno ad Altarana

diceva rispettosamente “il mio sindaco cavalier Lotti, il delegato dottore cavalier Bellini, il soprintendente ingegnere e cavaliere Calossi„ non dimenticando nè un titolo nè una croce. Ah! egli era ben quello che aveva promesso di diventare fin dalla scuola! Il Ratti lo guardava con quel sentimento di compiacenza con cui si riconoscono le nostre previsioni avverate. Parlava sempre con lo stesso tuono di voce, sempre con gli occhi sulla tavola, occupato, parlando, a salare, a pepare, ad affettare il pane in quel dato modo, a buttar via le briciole, a rimetter al posto gli oggetti, a raggiustarsi il tovagliolo che teneva al collo, sempre flemmaticamente; e quando alzava il capo a una domanda dell’amico, lo guardava, come già soleva alla Scuola, non negli occhi, ma nel nodo della cravatta.

— Beato te! — esclamò il Ratti. — E il paese?

— Il paese, — rispose il Labaccio, — è un buon paese. Ho avuto la fortuna di trovar delle famiglie che mi coadiuvarono nel mio ufficio.... E anche a questo proposito avrei da ripetere l’osservazione che ho già fatta. C’è dei maestri che non sanno regolarsi; che, per esempio, approfittano delle discordie per mettersi dalla parte dell’uno o dell’altro. Un errore, amico mio, un de-plo-revole errore. Io, invece, cerco di pacificarli, e posso vantarmi d’esserci riuscito. Dicono: il maestro, nei comuni, è missionario di civiltà. Io direi: anche di pace; anzi, principalmente di pace. Il maestro deve portare la pace. Bisogna sapersi regolare. C’è dei maestri, per esempio, che accettano un pranzo da quelli d’un partito, e lo rifiutano da quelli dell’altro, per timore d’offendere i primi. Ebbene, è un atto di debolezza, per non dire di viltà d’animo. Io dico che il maestro deve tenersi al disopra dei partiti, e non far preferenze a nessuno. Per questo io accetto da tutti. Il primo dovere del maestro è di rendersi gradito alle famiglie. Il maestro che urta le famiglie non potrà mai far nulla di buono. Quindi, nessun sgarbo, è la mia massima; nessuna picca con nessuno, per nessun motivo. Se ci ho in iscuola, poniamo il caso, il figlio del sindaco e quello del soprintendente, certo, non li metto mica i primi per riguardo ai parenti; ma nemmeno seguo l’uso matto di certi maestri, che subito sognano pressioni e corruzioni, e per far mostra di carattere