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40 L’ultimo anno ad Altarana

con un atto di rassegnazione così tranquilla, che il giovane stimò superfluo di continuare. E subito, malgrado il rifiuto di lui, ordinò alla donna di scendere in fretta a comprar qualche cosa perchè voleva a ogni costo ch’egli facesse colazione in casa sua.

— Caro Ratti, — gli disse l’amico, alzando le braccia pari e lente, come due aste mosse da un meccanismo, e posandogli un momento sulle spalle le due mani distese, — godo di vederti in buona salute.

Poi s’aggiustò il nodo della cravatta, e data un’occhiata all’impagliatura d’una seggiola, tirandosi su con tutte due le mani prima i calzoni e poi le falde del soprabito, sedette.

La prima mezz’ora di conversazione fu come un concerto tra un campanello elettrico e una campana che dia i rintocchi delle ore: il Labaccio rispondeva ad una su dieci domande che gli faceva l’altro, e questi con un fiume di parole a tutte le sue. Quando il Ratti ebbe raccontate per sommi capi le sue vicende, quegli scrollò il capo due o tre volte, in atto di riflessione. Il Ratti gli disse che aveva avuto notizie di lui da Carlo Lérica, l’ex granatiere.

— Carlo Lérica, — rispose il Labaccio, — deve aver avuto ultimamente dei dispiaceri, a Badolino. Mi pare di averne letto qualche cosa nella Letteratura educativa, che è un ottimo giornale. Ma non mi ricordo bene i particolari. Ma tu fai dei complimenti, — soggiunse, dando un’occhiata sorridente alla tavola, su cui la donna metteva l’antipasto obbligato della verdura e del burro; — e questo non sta bene fra di noi.

Il Ratti s’esilarò al rivedere sul viso del collega l’antica smorfia del refettorio, ch’era un allungamento sensuale delle labbra, accompagnato da una rapida contrazione da muso di coniglio, ch’egli soleva fare alla vista del pasto. E gli disse allegramente: — A tavola, caro Labaccio! Parleremo di Carlo Lérica e di tutti gli antichi amici. Ma prima tu devi finir di raccontare i casi tuoi.

Sedettero. Il Labaccio aveva poco da raccontargli. Il Lérica doveva avergli detto che dalla prima nomina in poi egli era sempre rimasto a Stalora, sul Po, dove si trovava bene. Aveva già rinnovato la stipulazione per il secondo sessennio. Meglio non avrebbe potuto