fatti, tonando a casa, egli aveva trovato nel Popolo, arrivato due ore prima, un articoletto datato da Altarana, che faceva molti elogi alla Giunta, e al sindaco in special modo, per la vendita vantaggiosa di certo terreno del comune, posto sulla cima d’un monte, dove un villeggiante mezzo matto voleva far costruire un belvedere e una torre per gli alpinisti. Il sospetto, la certezza anzi, che quel guattero rifatto contrapponesse trionfalmente, in cuor suo, quell’articoletto di elogio alla recensione severa delle Ipocrisie della legge, gli aveva messo i nervi sottosopra. Finita appena la minestra, assalì il nemico con una scarica d’epigrammi feroci, raccontando al professore la storia della maestra Galli.
Il professore si riservò a prender delle note dopo pranzo. Quel fatto, come molti altri, lo confermava nella sua idea, che la condizione del maestro nei piccoli comuni, come era al presente, fosse assurda e ridicola, per questa principale ragione ch’egli si trova tirato di qua e di là da forze nemiche ed opposte, come un condannato allo squartamento. Lo tiran da una parte il sindaco e il soprintendente, dall’altra il delegato e l’ispettore, che spesso son cani e gatti tra di loro, e vi s’aggiunge spessissimo il parroco, che discorda dagli uni e dagli altri, e cerca di tirarlo al confessionale; di modo che il maestro è seccato, angariato da tutti, e non aiutato, non protetto efficacemente da nessuno. L’unico modo, secondo lui, di dargli l’indipendenza, la sicurezza e la dignità voluta era quello di ristabilire il consiglio scolastico autonomo, presieduto dal provveditore, con due od un maestro almeno scelto nel corpo insegnante, e con la facoltà di far le nomine, le promozioni e i trasferimenti, e con l’obbligo di ammettere i maestri accusati a giustificarsi dinanzi ad esso. Oltre a questo, egli avrebbe soppresso i delegati, che o non s’occupano delle scuole, e sono inutili, o se ne occupan troppo, e urtano contro le autorità comunali, e sostituito loro il maestro più meritevole del mandamento; avrebbe fissato gli stipendi a un minimum di ottocento lire per le maestre e di mille per i maestri, facendo concorrere a pagarli i comuni, le Provincie e il governo; avrebbe riformato il monte dello pensioni, stabilito premi, gratificazioni, gare d’onore....
Il romanzo d’un maestro. — II. |
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