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IL ROMANZO D’UN MAESTRO

II.



IN UN’ISOLA.


Uscito dall’uffizio del provveditore, non avendo più tempo di ritornare ad Altarana in giornata, il maestro decise di rimanere a Torino fino alla mattina seguente, e subito si diresse verso corso Palestro per andare a visitare il suo artigianello. Ma un incontro inaspettato gli fece ritardare la visita.

Sboccato appena da via della Cernaia sul corso, vide uscire dalla porta dell’istituto e venir verso di lui una signora, la quale, alla distanza d’un trenta passi, fece l’atto di riconoscerlo e affrettò il passo, sorridendo.

Il giovane non la riconobbe che quando le fu vicinissima: era sua cugina. Era più bella di quando l’aveva vista a Pilona, benchè fosse ancora dimagrata. Aveva un vestimento un po’ strano, una camicietta rosea, delle penne di bersagliere sul cappello; e con quelle penne e con quel colore e con la vivacità allegra di tutta la persona pareva l’immagine vivente del bel tempo primaverile che brillava tutt’intorno.

A tutti e due scappò ad un tempo la stessa domanda: — Come sei qui?

La cugina stava a Moncalieri in casa d’una sua antica compagna della Scuola normale: era venuta a Torino per la morte d’una parente lontana, e aveva approfittato dell’occasione per andar a vedere i due piccoli cugini; dei quali diede al maestro buone notizie.

— Ma tu come sei qui? — gli ripetè; e al vedere

Il romanzo d’un maestro. — II. 1