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mille cose in un punto. L’idea di doversi spiegare lo sgomentò come l’idea d’un supplizio. Titubò, fece uno sforzo doloroso di tutte le sue facoltà, e cominciò dire. Non gli avevano annunciata la nomina del nuovo soprintendente. Perchè non glie l’avevano annunciata? Questo derivava dall’inimicizia del sindaco. Egli doveva dunque raccontare in che maniera era nata l’inimicizia del sindaco. Ma bisognava che dicesse anche quello che era accaduto alla maestra Galli. Ma già prima che la maestra Galli venisse, c’era stata un’altra quistione, con un’altra maestra. Questo anche si sarebbe dovuto sapere. Nessun rimprovero gli era mai stato fatto. A un tratto, perchè si parlavano, ecco la calunnia. Trasferiscono la maestra. Poi venne l’affar del giornale. Egli le parlava dal terrazzino. Allora gli misero su gli scolari. Mancava il gesso e l’inchiostro, non scopavano. Ma la persecuzione era cominciata fin da prima.... — E così continuò, sempre più ingarbugliandosi, sotto lo sguardo attento del suo ascoltatore, lasciandosi sfuggire delle parole in dialetto, perdendo e ripigliando il filo, con la lingua impacciata, con la voce incerta, fin che le idee gli si confusero affatto, la vergogna lo soverchiò, e improvvisamente, come colpito da sincope, troncando a mezzo una proposizione e fissando gli occhi sul pavimento, tacque.

Il provveditore fece un passo risoluto verso di lui e dopo un momento di silenzio, abbassando la voce, gli disse con accento, più che di sdegno, di grande amarezza: — Ratti! A questo punto siamo?... Che vita ha fatto in tutto questo tempo? Con chi è vissuto? Come s’è mutato in questa maniera?

La voce di sua madre, uscita dalla tomba per rimproverarlo, non gli avrebbe trafitto il cuore come quella voce, in cui risentiva l’eco della sua prima giovinezza, l’amor perduto degli studi, il lamento dei suoi entusiasmi di maestro e della sua dignità d’uomo caduto. Ma non trovò parola da rispondere.

— Esca! — disse aspramente il Megári. — E ritorni quando sia in sè. Ora non è in grado d’ascoltarmi.

Il maestro chinò il capo sotto quelle parole come sotto una percossa, e s’avviò per uscire; ma volgendo al provveditore uno sguardo in cui appariva una tale umiliazione, che questi lo rattenne sull’uscio con un cenno.