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Dal provveditore 247

role pronte, guardando con benevolenza i passanti, col capo un po’ greve, ma con passo sciolto, s’avviò, un po’ prima dell’ora, al provveditorato. All’angolo di piazza Castello bevve ancora un dito di Marsala per dar l’ultima spronata al coraggio, e all’ora fissata entrò nell’ufficio.


Vide con dispiacere che molti stavano già aspettando, parte seduti in una piccola anticamera e parte, i più prossimi a esser chiamati, in piedi nel corridoio, appoggiati ai muri, a destra e a sinistra dell’uscio del provveditore. Egli diede il suo biglietto di visita a un usciere grasso e sbarbato, che gli voltò le spalle, e tornò poco dopo, dicendogli gravemente: — A suo turno. — Non essendovi da sedere, il giovine s’appoggiò a uno spigolo dell’uscio dell’anticamera, ch’era aperto, in modo ch’egli poteva vedere a un tempo e in quella e nel corridoio. La grettezza di quel luogo angusto e mal rischiarato, che sentiva la burocrazia, e il silenzio di quella gente immobile, che avevan l’aria di una folla d’infermi nella stanza d’aspetto d’un medico, guastarono subito il suo buonumore. Nel silenzio, si sentiva di quando in quando, di là dall’uscio chiuso, una voce virile, smorzata, che doveva essere quella del provveditore, e una voce di donna che parlava rapidamente. Per ingannare il tempo, il giovane si mise a osservare i presenti. C’eran nella stanza delle maestre di villaggio, vestite tutte d’un colore, verdognolo rossastro, con dei piccoli veli neri sul capo, con carte e buste fra le mani, e dei ventagli da pochi soldi: fra di esse una suora di carità, che pigliava degli appunti sopra un taccuino. Contro la finestra stava ritto un maestro che pareva un caporal dei bersaglieri in congedo: piccolo, con due baffetti aguzzi, coi capelli spartiti sulla nuca, con le gambe un po’ arcate e tese; il quale, tratto tratto, sputava coi denti stretti, come fanno gli eleganti di bassa classe: doveva essere un don Giovanni di villaggio, stato forse chiamato per affari d’amore. Accanto a lui c’era un vecchio con una gran barba grigia, che aveva il viso e il vestimento d’un cantante di teatro spiantato, e vicino all’uscio, due maestre giovani, col naso adunco, che gli parvero ebree. Tutti costoro si guardavano a vicenda, seri, o rileggevano per la decima volta i fogli attac-