siderava da un pezzo, avrebbe già potuto comperarsi coi denari che aveva buttati là dentro, e questo stesso pensiero gli faceva qualche volta rimettere il bicchiere ammezzato sulla tavola.... ma per riprenderlo un minuto dopo. Altre sere passeggiava un pezzo al buio per la stradicciuola esteriore del villaggio, prima di decidersi a entrare, e poi entrava quasi di corsa. Quei va e vieni notturni per un breve tratto di strada parvero temporeggiamenti d’un amante timido alla moglie d’uno sterratore emigrato, che lo guardava dalla finestra, e che dalla finestra scese sull’uscio: allora egli aggiunse alla distrazione dell’ebbrezza quest’altra. Dopo qualche tempo, cominciò a risentir la mattina una grande pigrizia della mente, e quasi il terrore di una fatica enorme a pensare a quelle tre ore di scuola che l’aspettavano. La prima ora della sua giornata era d’una tristezza incomportabile. Egli s’affacciava alla finestra della strada, con gli occhi insonniti, a guardar lungamente, come un affascinato, il villaggio che odiava. Ah! come l’odiava! C’eran delle case ch’egli avrebbe fatto radere dalle fondamenta, e delle cantonate che gli erano invise come creature umane, che l’avessero tormentato per anni interi. E tutte quelle insegne stinte di bottegucce, che gli erano stampate nella mente per ordine come le lettere dell’alfabeto, e quell’acqua che veniva giù da una grondaia rotta della casa di faccia, lungo un muro che serbava i resti di un manifesto della leva e d’un avviso d’imbarco per l’America, quell’eterna pozzanghera che formava la pioggia davanti al portone aperto di quel cortile, e quel cortile pien di fango e di foglie fradicie, quel cane impillaccherato, quelle galline sporche, quell’odore acuto d’impasto da formelle, come tutto era brutto, uggioso, lugubre! Perfino in quel piccolo cimitero a scaglioni che si vedeva più in alto del paese, gli pareva che la morte dovesse essere più fredda, più disperata, più morta che in tutti gli altri cimiteri della terra. E per cacciar queste paturne scendeva a bere un bicchierino di liquore prima della scuola, in fretta, con rabbia, come se quelle gocce ardenti avessero dovuto far soffrire e morire, a modo di vermi velenosi, i pensieri che lo tormentavano, e vendicarlo di quei tormenti. Beveva però più largamente la sera per