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Una delusione 233

Io debbo consacrarmi tutta a mio padre.... Lei è così giovane.... comincia ora la sua carriera.... Non son destinata a questo.... Lei non sa quanto mi fa pena di dirglielo.

E dopo un momento di silenzio, ripetè a bassa voce, dolcemente: — È impossibile.... Ah! ecco, lo dicevo io! — proruppe poi tutt’a un tratto, commossa, udendo un singhiozzo mal soffocato del giovine. — Io dovevo finire con farlo soffrire! È un destino! Questo è il peggio, poi. Non posso sentire. Andiamo, signor Ratti! La prego. Dio mio! Non farebbe così se sapesse quanto mi fa pena! Mi lasci andar la mano.... la tenga, ma si queti. Ah! ho già sofferto abbastanza. No, Ratti. Ora basta. Mi chiama mio padre.

Ma il giovine non lasciava andare la mano, e tutta la sua giovinezza, provata dalla sventura e assetata d’amore, parlava in quel momento. Sì, egli voleva che lei l’amasse, egli aspettava quell’affetto fin dalla prima gioventù; aveva adorato i fanciulli e amato la scuola, aspettando lei; era orfano, solo, senza speranza di fortuna nel mondo; ma il mondo sarebbe mutato per lui s’ella gli avesse voluto bene; lei, nessun’altra, perchè non n’avrebbe mai trovato un’altra che le somigliasse, bella così, buona come sua madre, forte come una martire, degna d’esser adorata in ginocchio. Quanto aveva sofferto e come l’aveva amata durante quei tristi giorni trascorsi! Quando la vedeva passar per la strada, pallida e coraggiosa, in mezzo agli sguardi di scherno, egli avrebbe baciato la terra dove posava i piedi, le avrebbe dato da bere il suo sangue per rinvigorirle le forze, aveva pianto d’ammirazione, di rabbia e d’amore.

— Oh cara.... cara Faustina! Io non son nemmeno degno di parlarle! Perchè mi dovresti voler bene? Tutta la mia vita non vale una parola della tua bocca, bella creatura benedetta! Ma chi t’ha mandata? Chi t’ha mandata? Io vorrei restar morto qui, con la tua mano sul cuore!

E tacque, ansando e baciandole le dita. Essa non rispose. Egli provò ad allentarle la mano; la mano si ritirò; ma tremava.

E passò un tempo breve, che gli parve eterno, nel quale egli sentì la voce grossa del torrente, come il gridìo confuso d’una folla che passasse, senza fine; vide dei