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Miseria 227

diventasse bella: curava di più il suo vestire; il suo viso s’andava atteggiando a una tristezza tranquilla e immobile, e come più alta delle avversità medesime che n’eran cagione: la sua bocca soltanto, scossa da fremiti improvvisi, tradiva a quando a quando una stretta del cuore; ma non aveva perduto nulla della sua dolcezza. Essa passava per la strada senza apparente avvilimento come senza fierezza, fingendo di non vedere nessuno; e quando vedeva di sfuggita qualche nemico o curioso, alzava gli occhi in su verso le montagne, a cui il sole di primavera cominciava a lacerare i mantelli bianchi, o guardava giù, fra una casa e l’altra, il torrente azzurrino, le cui rive principiavano a smaltarsi di fiori d’ogni colore. Una sola persona le rimescolava il sangue, quando ella la vedeva di lontano: il sindaco; e un’altra le dava un senso di disgusto che non riusciva a nascondere: l’inserviente; il quale, quand’era briaco, le passava accanto carezzandosi la gran barba in aria di trionfo, e dondolando la sua tozza figura d’aiutante del boia. Ma erano impressioni d’un momento. Quello che le pesava senza posa sul cuore era il pensiero di suo padre, e lo capivano tutti.

Vedendola un giorno più scolorita del solito, e come stanca, il maestro sospettò ch’ella avesse già cominciato a privarsi d’una parte del necessario per non privar di nulla il vecchio malato, e con quest’idea si presentò la sera al cancello del terrazzino, fremente di pietà, a offrirle ancora una volta tutto l’aver suo, e a supplicarla che accettasse. Ma la maestra gli rispose che s’ingannava, ch’essa poteva ancora aspettare, e pronunciò quelle poche parole con un accento fermo, da cui egli comprese ch’ella avrebbe sofferto fino agli estremi prima d’accettare un soccorso; ma accompagnò il rifiuto con uno sguardo dolce e profondo che faceva più che dir grazie, che diceva chiaramente: — Vorrei poter accettare; sei il mio solo amico, povero giovane; lo so che m’ami; sei buono; sii benedetto; ma non posso: la mia alterezza è la mia vita. — Il giovane le domandò un’altra sera se non aveva parenti, se voleva ch’egli scrivesse a qualcuno, o che andasse a Torino a parlare al provveditore per lei. Ma non aveva parenti; non occorreva di scrivere; al provveditore aveva riscritto ella stessa; un provvedimento non poteva tardare.