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Miserie 223

cettare le offerte, che la maestra Galli, se anche fosse stata inclinata a valersene, soltanto per la forma troppo pietosa con cui le erano fatte, non le avrebbe accettate. In conclusione, dopo aver mandato al provveditore un nuovo ricorso, nel quale esponeva minutamente i casi propri, la povera maestra compì un giorno, col cuore oppresso, il gran sacrificio; diede mano al piccolo peculio che aveva messo insieme con cinque anni di risparmi, non tanto per far le spese d’un viaggio possibile, come diceva, quanto con uno scopo su cui non osava di fermare il pensiero: per dare a suo padre una sepoltura onorata.


MISERIE.


Il maestro le offerse aiuto più volte, senza giri di parole riguardose, con quella violenza di pietà e di affetto, che parla crudo e va dritto all’anima. Egli aveva cento e più lire di fondo, comprese le venticinque di sussidio che gli avevan fruttato sei mesi di scuola serale dell’inverno scorso (dieci centesimi per lezione), riscosse un anno dopo. Ma la maestra rifiutò, dicendo che non ne aveva bisogno. E pareva che si serbasse assai tranquilla; ma, di giorno in giorno, si faceva veder meno. Una sera, però, essa mostrò ancora uno dei bei sorrisi dei primi mesi, raccontando al Ratti, sul terrazzino, che il maestro Calvi era stato a farle visita, e che le aveva esposto, per consolarla, un suo progetto di togliere il pagamento dei maestri ai comuni, per impedire gli abusi; progetto che si collegava con un altro, della fondazione d’una piccola banca agricola in ogni mandamento, con annessi e connessi: una farragine di cose. La povera maestra, benchè triste, sorrideva, senza sapere che, uscendo di casa sua, il povero Calvi era stato affrontato per la strada dalla moglie, che gli aveva fatto la posta, e l’aveva caricato di vituperi. Dopo quella sera, il giovine stette varii giorni senza vederla. Egli passava le lunghe serate in casa, malinconico, a sfogliare le raccolte dei giornali scolastici al lume d’una minuscola fiammella di petrolio, che gli