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Di peggio in peggio | 219 |
gressi pedagogici e in seno alle loro associazioni, passati quattro o cinque giorni, cominciarono a piover biglietti al sindaco da una quantità d’insegnanti delle Provincie del Piemonte, poi da abbonati della Lombardia e del Veneto, dalle Romagne, dalla Liguria, perfin dal Napoletano; biglietti d’ogni formato e colore, segnati con le lettere p c, con punti d’esclamazione, con dei V a orecchie d’asino; alcuni con cazzaruole, mezzelune ed altri utensili di cucina minutissimamente disegnati con la penna al di sopra del nome o in un angolo, a guisa di stemma gentilizio. Ogni corriere postale ne portava al sindaco sei o sette. In una settimana n’ebbe un’ottantina. Stupito i primi due giorni, inquieto il terzo ed il quarto, diventò furioso finalmente, sospettando una canzonatura relativa alla sua contesa con la maestra, ma senza comprendere in che modo potesse esser stata architettata. Quando stava per andar difilato dalla signorina a fare una scena di tragedia, gli arrivò il numero arretrato del giornale. Per fortuna, essendo la corrispondenza datata da Torino, il suo sospetto andò a cader subito sull’avvocato Samis, e vi rimase come piantato, e ribadito da successive riflessioni. Ma a questo non osando scrivere, e per mancanza di certezza assoluta, e per timore d’esser rimbeccato malamente, commise un error peggiore: scrisse al giornale, e per fare anche peggio, scrisse nel primo impeto di collera, e di proprio pugno, una lettera piena di parole impertinenti, ma vaghe, nella quale non negava nulla e parlava di calunnie, alludendo all’avvocato, suo nemico, e dicendo che aspettava le decisioni superiori “fidente nella giustizia.„ Il direttor del giornale, astuto, pubblicò la lettera senza commenti, in grandi caratteri, con tutti gli svarioni di grammatica e di sintassi, e vari errori ridicoli d’ortografia, che provocarono le risate di tutti gli associati d’Italia. A coronar l’opera, il giorno stesso in cui il sindaco ricevette la sua prosa stampata, gli arrivò il decreto del Consiglio scolastico che annullava il licenziamento.
Appena lo riseppe la maestra, si ritenne salva; e il Ratti e molti altri credettero pure che la scuola sarebbe stata riaperta senza ritardo, non parendo loro possibile che il sindaco e i suoi fidi avessero l’audacia di persistere in una illegalità così sfacciata ed assurda,