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172 Altarana


Una sera, però, verso la fin di marzo, riuscì il Ratti per la prima volta a fargli sputare un segreto. S’incontrò la mattina con la maestra Falbrizio levatasi da letto dopo alcuni giorni di febbre, durante i quali aveva mandato due volte suo marito analfabeta a far recitare la lezione alle bimbe; e quella, salutandolo di sfuggita, gli disse da una parte all’altra della strada: — Una novità, signor maestro! Sono arrivate le fotografie.

Voleva dir le fotografie delle concorrenti. Egli non ne potè sapere di più; ma andò a desinare col proposito di cavare il verme dal naso al segretario, a qualunque costo. E quella sera, per l’appunto, il suo umile commensale, forse per aver ricevuto qualche elogio o qualche promessa di gratificazione, era di così buon umore, che fece per la prima volta, in fin di tavola, uno sproposito, di cui il maestro non l’avrebbe mai creduto capace. Pigliando la cosa dall’alto, raccontò come un suo zio prete, anni addietro, morendo, gli avesse lasciato un deposito — poca cosa — ma ch’egli teneva prezioso e a cui ricorreva appena due o tre volte l’anno, e perchè era l’unica memoria ch’egli serbasse di quel galantuomo, e perchè le sue abitudini essendo molto frugali.... Insomma il lascito era un fondo di cantina, una piccola collezione di bottiglie di vini vecchi, dei quali, per amicizia, voleva quella sera far gustare un assaggio al suo buon vicino e compagno. E detto questo con aria di mistero, aprì l’armadio con atti compassati, come avrebbe aperto una cassa forte, ne cavò una bottiglia con gran riguardo, la sturò con molto rispetto, fece colare il vino come olio in due piccoli bicchieri e ne porse uno al maestro, guardandolo con due occhi curiosi per gustare di riverbero la voluttà straordinaria ch’egli avrebbe provata. Il maestro, da buon psicologo, aspettò che la bottiglia fosse quasi finita e il suo anfitrione molto eccitato, e allora lanciò tutt’a un tratto la domanda che volgeva in mente da un’ora:

— Dunque, caro segretario, sono arrivate le fotografie delle maestre. Cosa c’è di bello?

Il segretario restò interdetto.

— Come lo sa lei? — domandò, dopo una pausa.

— Lo so, — rispose sorridendo il maestro; — che le importa saper come? Andiamo, caro segretario. Sa bene che si può fidar della mia discrezione.