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10 Coraggio!

sopra gli altri, e che qualche volta, quando s’incontrava col suo, lo sfuggisse, come per non essere indagato. Era uno sguardo che non esprimeva nè curiosità nè benevolenza; nè mai negli interrogatorî o in altre occasioni aveva il giovine notato nel suo viso o nei suoi modi il più sfuggevole segno di predilezione. Eppure, qualche cosa c’era; anche soltanto quello sguardo muto, in quell’uomo così rigido ed eguale con tutti, doveva avere un significato. E quel sentimento segreto che non gli riusciva d’indovinare, e su cui tornava ogni momento col pensiero, lo animava al lavoro, gli dava una più viva e più intima soddisfazione di quella che avrebbe avuto, forse, da un’aperta dimostrazione di simpatia. Eran poca cosa quello sguardo, quell’attenzione fredda di cui gli pareva d’essere a quando a quando l’oggetto; ma eran quanto avesse trovato di più somigliante all’espressione della sollecitudine paterna, dopo che non aveva più nè padre nè madre. E anche dubitando spesso che fossero più immaginarie che reali le cagioni del suo sentimento, si sentiva meno orfano quando quegli occhi severi si posavano su di lui. E si rimetteva allo studio, più tranquillo.


Una cosa sola gli venne a turbare, verso la metà del terz’anno, la compostezza d’animo in cui era assuefatto a vivere, e fu l’illusione che tutta quella congerie di cognizioni superficiali di letteratura e di scienza, delle quali avea piuttosto carica la memoria che nutrito l’intelletto, costituissero una vera e ricca dottrina; di che gli spuntò dentro un principio di vanagloria: quella che prende quasi tutti, nel primo fervore degli studi quando non s’è ancora arrivati a quella mezzana altezza di cultura, di dove si abbraccia con lo sguardo il vasto orizzonte delle cose ignorate. Ma si raumiliò ben presto all’avvicinarsi degli esami finali, quando, nel ripassar le materie e nell’interrogare sè medesimo, riconobbe quanto fossero scarse le idee chiare e le nozioni solide in quel magazzino oscuro e disordinato di rottami ch’egli credeva riboccante di ricchezze. Si mise per morto a studiare gli ultimi due mesi, vegliò molte notti, ed ebbe, particolarmente di notte, delle ore tristissime, durante le quali, interrotto lo studio,