seggiate pedagogiche, le visite alle scuole rurali delle borgate lo divertivano. Anche lo ricreava la compagnia, benchè l’indole sua piuttosto raccolta, e ancora velata di tristezza, lo tenesse un poco in disparte. Nei primi mesi aveva avuto per compagni di camerone un tarchiato campagnuolo di vent’anni, dalle mani callose e dagli scarponi inchiodati, che ansava sui sunti come un bove all’aratro, e stillava sudore sotto le interrogazioni, agitato da un perpetuo terrore degli esami; e un prete spretato allegrissimo, gran fumatore di pipa e spiantato dalle barbe, al quale i colleghi avevan comprato per sottoscrizione una giacchetta di frustagno da quindici lire, tutta grinze e sgonfi, ch’era lo spasso universale. Questi due l’avevano sviato molte volte dai suoi pensieri malinconici. Poi il direttore aveva fatto una nuova ripartizione, riunendo a tre a tre gli alunni dello stesso circondario, e a lui eran toccati per vicini un ex caporale dei granatieri e il figliuolo d’un flebotomo, dai quali non fu più separato. Con questi aveva stretto amicizia, e s’accompagnava con essi soli, com’era prescritto dal vecchio regolamento, nelle ore d’uscita, essendo incaricato il granatiere dell’ufficio di guida, ossia di vigilare e di riferire intorno alla condotta degli altri due. E se la varietà è dilettevole, egli non avrebbe potuto capitar meglio, perchè due originali più diversi fra di loro e da lui non si sarebbero potuti accozzare neanche a cercarli. L’ex caporale, di nome Lérica, era venuto alla Scuola con una piccola celebrità, perchè, avendo l’anno innanzi, per via di favore, dato gli esami di patente con le ragazze, invece che con gli uomini (chè era stato impedito prima dal servizio), un giornale di Torino aveva notato in una descrizione graziosa della sala pei lavori in scritto la macchietta bizzarra che faceva tra quelle duecento signorine, monache, contadinelle e collegiali di varie uniformi, quel colosso di granatiere in divisa, seduto a un tavolino in disparte, curvo sul suo quaderno, con due enormi baffi che spazzavan la carta; e di quella macchietta s’era molto parlato, scherzando, nel mondo scolastico. Riprovato in tutte le materie per mancanza assoluta di preparazione, aveva dovuto rassegnarsi a intraprendere gli studi regolari, ed era entrato alla Scuola. Perchè diamine avesse scelto per l’appunto la professione