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bliche; ed egli aveva riso rumorosamente della minaccia, in piena sagrestia. Le ostilità, nel frattempo, consistevano nel passarsi accanto senza guardarsi, ma credendo ciascuno d’esser guardato dall’altro, e sorridendo perciò tutti e due, lui in atto di sfida, lei d’ironia, con gli occhi per aria. E il villaggio aspettava una battaglia, continuando le chiacchiere e le ricerche intorno al mistero delle scappate a Torino.

Vennero gli esami, e avendo il maestro superato con fortuna la prova del catechismo, alla quale il parroco assistette in atteggiamento minaccioso, potè dire d’aver sbarcato il primo anno scolastico senza tempeste. E allora decise finalmente di mettersi a studiare di proposito, per tentare poi gli esami di concorso alle scuole municipali di Torino: che era sempre stata la sua ultima mira, fin dalla Scuola. Oramai il suo tirocinio di maestro lo poteva considerare compiuto; non aveva, pel momento, alcun sopraccapo; di villeggianti, intorno al paese, non veniva che qualche famiglia di piccoli bottegai di Torino; tutto era favorevole allo studio. Tirò fuori i suoi trattati e i suoi quaderni, e incominciò.

Ma fu stupito, fin dai primi giorni, di non trovar nello studio alcun piacere, e di stentare ad apprendere più che non gli fosse mai accaduto. Attribuì questo stento a un principio di pigrizia intellettuale contratta nella consuetudine dell’insegnamento; la quale gli rendesse difficile di spingere il pensiero fuori del giro a cui aveva da due anni l’andare. E persistè, sperando di vincere. Ma passarono le prime settimane, ed egli continuava a studiare senza vigore e senza profitto, come se il suo cervello fosse annebbiato. Non sapeva, da principio, esprimere a sè stesso lo stato del suo spirito. Era una noia che gli entrava in casa per la finestra, che gli penetrava nell’anima insieme col silenzio e con la quiete del villaggio. Questo era quieto, infatti, come una trappa. Non c’era che un fremito di vita nella piazza, intorno alla farmacia, all’ora della distribuzione mattutina della posta: venti o trenta persone con giornali o lettere in mano, che facevan crocchio o s’accompagnavano per qualche minuto, e poi si davano il buon giorno, e sparivano di qua e di là. Dopo, per ore ed ore, soprattutto i giorni di sole, non