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102 | Piazzena |
DON BIRACCHIO.
E un giorno condusse il Ratti a far una visita a don Biracchio, che era il più bell’originale chiercuto del mandamento. Il maestro l’aveva visto qualche volta nel villaggio, ma di sfuggita. Egli stava in una borgatella di poche case meschine, lontana più d’un miglio da Piazzena, e abitava solo in una biccicucca composta d’una cameraccia al primo piano e di due piccole stanze a terreno, con davanti un cortiletto od orticaio di pochi palmi quadrati, che pareva un piccolo cimitero di famiglia. Aveva un legato di poche centinaia di lire all’anno, con l’obbligo di far scuola ai ragazzi della borgata, che non eran mai più di dieci o dodici, e con quello, rincalzato di qualche messa e di qualche incerto, viveva. Era il più formidabile mangiatore che si conoscesse nel giro di quindici miglia, un carnivoro senza fondo, sempre inchiodato per causa della ciccia, capace di mettersi all’anima un quarto di vitello arrostito; il che non gli toglieva d’essere un bevitore di prima forza. Un anno aveva speso tutti i suoi proventi soltanto per pagare il macellaio di Piazzena; il quale, per consuetudine, quando gli rimaneva un miriagrammo di carne invenduta, che minacciasse d’andar a male, la mandava per un espresso a don Biracchio, che la comprava sempre, con un ribasso. Comperava anche, a ogni occasione, della carne di vacca morta per accidente, per lo più una coscia, e l’appendeva fuor della finestra del suo terrazzino di legno, per darvi poi un fendente di coltellone ogni tanto, quando si sentiva languir lo stomaco. Era conosciuto per mangiate miracolose in tutte le osterie dei dintorni; in una delle quali, una volta, giocando alla mora per tre giorni filati, aveva guadagnate e asciugate colla compagnia tre brente di Barbera amabile. E delle più solenni bertucce si curava con una infradiciata, tenendo mezz’ora la nuca sotto una fontana, o facendo quattro o cinque miglia sotto la pioggia, a capo scoperto. Poi, quand’era al verde, passava delle settimane senza veder