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Tra la scuola e la canonica 97

così sinceri e così dolorosi; per arrestare a mezza via la mano che correva alla carezza, la voce che usciva in suon di preghiera, la parola che esagerava una lode per raddoppiare una gioia. In somma, la scuola gli riusciva faticosa per un altro verso, come quando la sua scolaresca gli era indisciplinata. E alle volte si tradiva, e allora s’irritava: era come una botte di vino giovane che geme dalle commettiture. E si moveva delle obbiezioni: per ottener l’ubbidienza di tutti, non perdeva forse l’affetto dei migliori? E avrebbe voluto potersi rispondere di sì, per avere almeno una ragione per smettere; ma la coscienza gli diceva di no: egli era ben certo ch’era meglio così anche pei migliori, che l’affetto rimanesse oppresso dal rispetto piuttosto che annegato nella licenza: era poi certissimo che fosse meglio per tutti gli altri, dai quali per la via del cuore nulla avrebbe ottenuto. Ma, intanto, non sentiva più a far scuola il piacere dei primi mesi. Per lui, che aveva pochi anni di più dei suoi alunni, e che qualche volta avrebbe ancora giocato con essi come un coetaneo, quel nuovo modo d’insegnare e d’educare era come un invecchiamento volontario. Gli pareva d’essersi raccorciata l’anima, di essersi già logorato in un insegnamento di vent’anni. E altri dubbi l’assalivano. Perchè non poteva mantener la sua autorità mostrando il suo carattere tale e qual era? Non derivava questo da imperfezioni, da uno squilibrio ch’era nel suo carattere stesso? da una mancanza di misura, di costanza, di elevatezza in quella bontà medesima, con la quale avrebbe voluto poter tutto ottenere? Credeva di aver peccato, di troppa bontà; e se invece non ne avesse avuta abbastanza? Egli aveva buttato via quello strumento come inservibile; ma non sarebbe stato meglio che si fosse provato a perfezionarlo? E non derivava, per caso, dal non comprendere l’opportunità, e dal non aver fede nella riuscita di questa prova, il fatto che tanti maestri, naturalmente buoni e amorevoli, scegliessero, dopo l’esperienza di pochi anni, un modo di far scuola in tutto contrario alla loro natura?


Occupato spesso da questi pensieri, tirò innanzi i primi mesi, e cominciava a stupirsi, conoscendo l’aria del paese, d’esser lasciato in pace per tanto tempo,

Il romanzo d’un maestro. — I. 7