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Senonchè il primo che per ordine di tempo ci viene innanzi, vi ci riconduce sgraziatamente. Egli è Cecco d’Ascoli, di cui fu grande la celebrità, dubbia la riputazione, certa pur troppo nel fatto, incerta nelle cagioni la miseranda morte inflittagli a Firenze. Ma di lui basta, all’uopo presente, ricordare che nel suo poema dell’Acerba «i primi due libri son quelli che della Sfera ragionano, a’ quali però, come ad opera di per se, il lor medesimo autore pose il titolo della Sfera: gli altri tre libri portano il nome di acerbo o acervo, perchè sono un ammassamento di diverse cognizioni e dottrine.»1

Ma qui, più tosto che raccogliere nomi, e notizie individuali delle persone de’ matematici, giovi dare uno sguardo in generale alla condizione delle scienze matematiche in Italia, di questi tempi. Se per tutto il medio evo lo studio del quadrivio le mantenea vive, e se al risorgere delle lettere e delle altre scienze, ebbero anch’esse non ispregevole sviluppo, ed anzi di nuovi rami s’arricchirono, siccome abbiamo già veduto; pure deve confessare lo storico che in generale decadde più che non aumentò la stima che di esse scienze faceva l’universale. E la cagione pare fosse il sommo onore in che vennero lo studio delle Leggi Romane e quello dei Sacri Canoni, non chè la medicina. Tale era la foga con che alle scuole di diritto, e specialmente del gius civile correvano gli studiosi, che si dovette anzi porvi riparo proibendo con censure ecclesiastiche a’ religiosi di abbandonare le scienze sacre per la giurisprudenza. All’ambizione ed all’avarizia degli uomini parlava troppo altamente il detto comune, che un lon-



  1. Quadrio. Della storia e della ragione d’ogni poesia. — Ximenes l. c. pag. lxx, lxxi.