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parisce da una Epistola del Codice Riccardiano. Non dimenticando giammai la patria ne’ suoi studj, fece delineare insieme col Re Roberto un’esatta carta d’Italia...." 1. E a ciò si aggiunga trovarsi un Codice Palatino di Firenze di mano del Petrarca, e in esso parecchie figure di matematica, geografia, cosmografia, ch’egli eseguì bene e avvisatamente qua e là nei margini, fan chiaro di essere addottrinato in simili scienze.... E il Petrarca, solo a leggere le sue rime, non mostrasi egli intendente e pratico in queste scienze? Ed ei già scriveva al Boccaccio di averci atteso (Tomasini pag. 14), e Leonardo Aretino lo rammentava (Vita Petrarchae).»2

Ma in ispecial modo voglio menzionato il Boccaccio, che destinato dal padre suo alla mercatura, imparò sin da fanciullo in Firenze l’aritmetica, in tempi che per l’indirizzo datole da Leonardo pisano l’aritmetica non era una semplice arte computatoria, ma la vera scienza analitica. E poi la perizia da lui adulto mostrata negli studj cronologici, l’amicizia mantenuta con Paolo Dagomari, e il professare di riconoscere ìn proprio maestro Andalone del Negro, mi sembrano fatti bastevoli perchè si annoveri il Boccaccio fra i conoscitori delle matematiche.3



  1. Baldelli. Del Petrarca e delle sue opere. Libri quattro. Firenze, 1797, Cambiagi. Lib. iv n. ix pag. 131 e 132.
  2. Palermo. Appendice al libro intitolato Rime di Dante Alighieri e di Giannozzo Sacchetti, sull’autenticità di esse Rime e sul Codice clxxx Palatino scoperto autografo del Petrarca. Firenze, 1858, Tip. Galileiana. pag. 178 e pag. 246.
  3. Di Paolo Dagomari scrive così il Boccaccio nel lib. xv cap. vi del suo Trattato De Genealogia Deorum, al Re di Cipro: Similiter et Paulum Geometram, concivem meum, quem tibi,