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mente il merito suo grandissimo; e se non perfezionò egli lo strumento quasi meccanico del calcolo, ciò tornar deve a maggior lode dell’ingegno suo presso ogni giusto estimatore. Perchè tanto più d’acume di mente si richiede ad ottenere con istrumento imperfetto grandi effetti, che non a conseguirli con istrumento perfettissimo; chè in quest’ultimo caso quanto maggiore è l’ajuto che nello strumento si ha, tanto minore è la fatica ed il merito di chi lo adopra.

Ma distacchiamoci da Leonardo per dire alcuna cosa della sua scuola. Chè non perirono con lui le scienze ch’egli avea trapiantate in Italia, ma amorevolmente dopo lui coltivate, vi si mantennero, finchè poi ingigantirono, ed ampiamente si diffusero per Europa.

La nuova Aritmetica, e con essa l’Algebra, che quasi suo più elevato sviluppamento da principio non ne andava distinta, attecchirono massimamente in Toscana. Altrove, ed in ispecie a Venezia, si continuò a lungo ad adoprare il metodo più antico 1. Sicchè il moderno ebbe ad essere appellato quasi per antonomasia modo ed uso fiorentino 2. Volendo ora dir qualche



  1. ”Dico che Leonardo Pisano fu uomo sottilissimo in tutte dispute, et secondo che si truova lui fu il primo, che ridusse al lume questa pratica in Toscana che allora s’andava per vie molte estrane, nientedimeno d’assai tempo inanzi a lui in questa nostra città furono scuole d’Abaco...... E ancora come si vede lo ’nsegnare loro era a modo antichi, et quasi al modo che osservano di presente e’ vinitiani....“ Questo tratto è levato da un Trattato di pratica d’Arismetica, e pubblicato dal Princ. Boncompagni nelle citate sue Notizie. Roma, 1854, pag. 251.
  2. ”Noi perché naturati siamo in Firenze diremo del modo et uso fiorentino.” (Da un Libro di pratica d’Arismetrica: Boncompagni op. cit. pag. 178.) Vero è peraltro che i fiorentini per certo orgoglio od amor patrio continuarono ad accennare nell’arit-