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trebbono errar la teda,(èrgendo la fidata dyh £ ia (forfiattendendoilfuoamatoEndimione) con il fuo pallido fplendore li moftra il Caller, al fine del quale peruenuti, nenafce ogni loro contento, Sfelicità, per quella cagione è deliberata, ÓCchiamata da tutti gli innamorati Ipiriti, comeinoltraOnidionellaEpilloladecima letama circa il mezo. però diceua Lodoui* co Domenichi, in quel lonetto.

Riedi veloce hormai in grembo à Theti,
Crinito Apollo, e l’aer n offro imbruna j
Ch’al lume delle stelle, e de la Luna,
Sarò men tristo, e mille amanti lieti.

Quanto poi lìa proprio de i miferi, & doloro!* arnantila pallidezza, lo moftra il Petrarca nel capit. quarto d’Amore, & in quel fonetto, quan do ripetendo le pardo, cheglihaueua detto Amore, diceua..

Vìu volte zAmor, m’haueagia detto ferini t Scrini quel che vedefii in lettre d’Oro, Si come i miei feguaci dtfcoloro, E in vn momento lifò morti, e vini.

Imperò che, qualuoltafi trouiamoal cofpetta dell’amata donna, & in quella (come fuole Aquila al fole) tenendo gli occhi filli, & non potè do,ò per tema, ò per altro accidente, fciogliers il nodo alla lingua, fubito per le ’Vene ci Icorre al cuore vn ghiaccio, onde ci fenriamo per amo re venir meno, & in noi caufarfi quella pallidezza, la quale fa manifello il graue duolo, che ci confuma, Strode nello interno, non fi potendo fcoprire 11 cereri del cuore,., f e non dallo effetto, fecondo che comparifcono fegni nella fàccia, ònel corpo, come pallidezza, roftòre.

Se limili. ouero fecondo, che fono i penfieri

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