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dicendo nel canto fettimo alla ottaua 4. Lafoprauefta di color di[abbia Su l’arme hauea, la maledetta lue. Il qu ile colore di labbia, come lì vede, non è altro, che quello berettin, diremo adunque tal co lore, S^habito edere proprio d% i ngannatori, ladri, dcrufiani, i quali; n tutti i modi afpirano ad ingannare, & rubare,non hautndo riguardo ne àgli amici, ne à patenti, ne à forte alcuna di gente,ma menandoli tutti à vii fegno. fi empiono 1 e man i rapa ci, & la dre, del 1 ’a! triti, & sì come l’Ariotlo chiamò 1 demomj con nomedifpi riti bigi, così ancor noi,chiamaiémo fimili gea ti,huomini berettini, laonde fi luoldire, che quelli felle hanno, come fi diceil melein bocca, 3 (T il rafioio in mano, Se che paiono agnelli in ’Villa, edendopoi lupi rapaci) fono alla fimilitudine di quello colore, però che modra quello che non è, perchè par bianco, & none, par folco, &non è, ma fi bene di colore di cenere; per quello volgarmente,tali fono chiamati brag gie coperte, &auolce nel cenere,per quello leggefi il cenere, pur di quello colore berettin. efifere dato di maleaiignno appredogli antichi, come ancora la Ciuetta, ouero Nottola vccello di quello coloreil quale appredòloro fù’.tèmpre di malaugurio, &credito, come modra Vir pillo nel quarto del ’Eneida, Se Ouidio nella epi ft >la,che ferme Fille à Dem.tonte, & l’Ariodonel cito quarto decimo alla ottaua 17. dicendo dVon so sgabbiamo nottole, & cornacchie, O altro manco, & importuno augello. Il qual da tetti, ò da lefiondegracchie. F ut uro mal, predetto a queflo, e a quello. Et per edere ancora quello berettin, ouero bii gio, fpetie di panno grò do infimo, & "vile, di,, remo