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rato,fé non perchè le gerì conofcefiero loro non folo eflire dominatori del Regno, ma ancora padroni degli Intonami, che dimorauano (orto il loro llegimen to. però diceria il Petrarca, nel capitolo leeondo d’Amore,^. Carmente e Pico, vngià de vofìri "Regi’ Hor vago augello, e chi diflato il jfe, Lafcioli il nome, il reai manto, e ifregi. Il quale Re, come tinge Otudio,iù cangiato dal Ja magica Circe in quello vccello di piume giallo, decto Pico. Umilmente quando la.vaga’Aur ora coronata di gigli, &rofefà ritorno àimor |ali, (cacciando l’ómbra dal cielo, di quello colore giallo, aurato, ouero croceo fi mollra à gli Occhi de riguardandjcomeafferma Virgilio,nel quarto della Eneida, quando dice gii la crocea Aurora con diletto Daua luce à la terra, à l hor fuggendo De l’amante Titon il dolce letto. ht il Petrarca in diuerfi luochi, dice De l’aureo albergo con l’aurora innanti. Quando veggio dal delfcender /’ Aurora Con la fronte di roje, e co cria doro. Et il noltro Ferrarele, nel canto vndecimo alla ottaua;1. dice a nel’hora, chele chiome gialle, ~ labella Aurorahauea fp legate alfole. V 6 Per altro fi rapprelenta a noi veltita di Ranoio, crocco, aurato, ò giallo, che il limile importa, fé non per renderci certi il giorno efie, e già noftro, però è detta Aurora, quali hor o°ra hauerai quello, che defideti, ó^altrimen c, mane, farli perchè da lei emana, ìcaturifca, fc venga ogni bene; eh e ne lirollo il biondo APollo apre con le chiaui d’oro, la luce à quello ’-urna, che fi’vedeogniunodiuenirfuperbo, imperò