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tempo carnovalesco, ed a rompere i lunghi intervalli di un nojoso silenzio, che senza di loro avrebbe durato per lo meno sino ai penultimi suoi giorni.

Questo giuoco è eminentemente ginnastico inquantochè domanda il soccorso di una gran forza muscolare, principalmente nelle reni e nelle braccia, e consiste in una guerra d’assedio da un canto, e di difesa dall’altro accompagnata da una tattica tutta speciale. Scopo primario è la conquista del tridentino palladio raffigurato nel biondo, od aureo cibo, e dal perderlo, o dal salvarlo dipende la vittoria, o lo scorno.

I Gobj formano un cerchio di contraffaccia, cioè rivolti all’infuori si tengono congiunti l’uno all’altro collo stringere la matassa che serve a cadauno di cinto, e così impediscono l’accesso ai Chiusi nell’interno della piazza. Dovendo essi formare una catena continua rotonda, hanno segnata con segature sul terreno la periferia da conservarsi.

Il Re sta nel centro sorvegliando gli attacchi, e le sorprese, ed impedendo il furto inaspettato, che qualche rara volta accade, se uno de’ Chiusi ha la destrezza, e la fortuna di saltar la catena, e di impunemente risaltarla colla polenta.

Il Re dei Chiusi comanda gli assalti, incoraggia ed accenna dove meglio è il rompere ora quà ora là quella cerchia; rotta la quale è più facile il trionfo. Il Chiuso incrociate le proprie mani fa delle braccia un anello sporgente, e provoca l’avversario a fare altrettanto colle sue, allora entrambi si agguantano, entrambi si sforzano di trarre a se l’inimico, ma siccome la energia del Chiuso isolato non basta a vincere la resistenza del Gobo, perchè unito alla catena vivente, così esso ha pronto dietro di