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pio è tutto tratto di suo capo, e non del testo greco, quanto egli discorre nella pagina 24, linea 13, fino alla seguente pagina 25 ed alla linea 14: «Questo ristrignimento che dell’aria si dice, si fa ancora nell’acqua, e più nel vino. In Fiandra per forza di ferri tirano in fuore . . . non può ire al fondo». Le quali cose tutte non si trovano, nè poteva egli essere altramente, nel testo eroniano: il quale dopo le parole «τὴν κατὰ τὴν εὐτονίαν γινομένην» si riappicca subito alle altre parole «πάλιν οὖν ἐάν τις βούληται». E nel Davanzati risponde il greco alle parole: «perchè riallargandosi l’aria prima lo caccia via a furore. Per lo contrario, succiando il cannellino della palla, ne tirerai di molta aria». Oltre di ciò si dee por mente che il Davanzati non ebbe forse in mano il testo greco, siccome ora il leggiamo nell’edizioni pubblicate appresso lui, ma qualche codice, che qua e là recava una lezione molto diversa. A cagione di esempio dov’egli ha tradotto nella pagina 12, linea seconda, dell’acqua, il testo greco dell’edizione di Parigi del 1693 legge «τῶν ὑδρίων ὡροσκοπείων», che par essere la vera lezione. Imperocché trovò Erone e descrisse anche un orologio idraulico circa il 210 innanzi a Gesù Cristo. (Schoêll volume 3° parte 3a pag. 25). Ei nondimeno ha tradotto Erone siccome Tullio voleva che si facesse de’ greci, trasportandoli in latino; e come il romano oratore adoperò egli stesso, tramutando nella lingua del Lazio le due stupende orazioni greche di Eschine e di Demostene sopra la Corona; cioè non da interprete, ma da oratore; accomodando i concetti e le parole e lo stil greco a’ concetti, alle parole ed allo stil latino, af-