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Questa nota di antiparlamentarismo ricorre spesso nei versi di Raffaele Danzi.

Dello stesso anno è la Mescapesca, in cui è rilevato il dissidio fra paisani e frastieri che a Potenza ebbe qualche episodio violento.

Le due poesie scritte nel 65 hanno per argomento il malcontento generale per le tristi condizioni economiche e per il ritardo nel risolvere la quistione romana.

Arrevasseme addò hamma esse
a lu meno se mpennerrìa!

esclama il Danzi: le strettezze, i sacrifizii si sopporterebbero allegramente. Ma a chi dare la colpa se essa è nostra?

Che ne vulumme da lu Regnante
Ca se vere stu male cuntente,
Si li corse a lu cummente
Noi stesse l’ hamme mannà?

Intanto la gente emigra a morre a morre, ed il ciuccio di Sciarrill si lamenta che il padrone non abbia mantenuto le promesse e lo costringa a partire per l’America (66).

Gli avvenimenti del 66 e del 67 non ebbero eco nella poesia di Raffaele Danzi. Forse un accenno di quegli anni non lieti si trova nel primo sonetto all’Italia (senza data) pieno di affetto per la povera mamma nosta sfurtunara. Invece il riscatto di Roma è l’argomento di ben dieci delle ventiquattro poesie pubblicate.

Era l’ossessione di tutti in quei tempi, il sogno sospirato da tanti anni.

Il Danzi ha, sulle prime, l’illusione di poter convincere Pio IX a rinunziare al potere temporale ed in Chi vote va e chi nati vote manna dice: