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dida veste poetica, come tutte le altre epopee nazionali, ha un alto valore e civile e morale. Non fu pascolo di sfaccendati per passar lietamente le ore dell’ozio, ma, fin dalle origini sue, come già la greca e la germanica e l’indiana, interveniva in tutta quanta la vita pubblica e privata di quel popolo belligero, di cui ebbe a dire il gran re, Dario d’Istaspe, nella sua iscrizione sepolcrale: «sappi che l’uom di Persia anche lontano dalla Persia ha combattuto battaglie». Il canto dei bardi persiani facevasi udire all’alba, consertato forse a quello dei Magi, sacerdoti di Zarathustra, accanto agli altari del sacro fuoco, inneggiante ai primevi e mitici re della stirpe, Haoshyanha, Thraêtaona, Huçravanh, Vistaçpa, che l’avevano onorato di culto e di offerte. Facevasi udire ai banchetti reali prolungati per più sere fino a tarda notte, fino al cantar del gallo, rammemorante i gesti degli eroi, sgominatoli dei demoni di Anra Mainyu e delle orde barbariche calate dal Settentrione nelle fertili campagne iraniche; facevasi udire al momento di cinger la spada per la difesa del re e del paese natio; sposavasi, mesto e lugubre, al lamento che accompagnava gli eroi alla tomba.

Perchè, questo si noti e s’intenda bene, l’epopea iranica d’un subito, forse fin quasi dalle origini, fu assunta ad avere un altissimo significato morale. Essa, nella secolar guerra fra Irani e Turani, che ne è il principal soggetto, altro non rappresenta, agli occhi e alla mente della nazione, che la gran lotta cosmica del bene e del male, di Ahura Mazdâo creatore e di Anra Mainyu autor d’ogni male, che, originatasi fin dai primordi del mondo, finirà altresì col finir del mondo, quando il genio del male sarà annientato e distrutto con tutte le sue schiere tenebrose. Significato veramente sublime, che sovrasta di gran lunga al concetto di che vanno animate altre epopee, per quanto perfette nell’arte.

Ma la grande materia epica che si estende ad abbracciare uno spazio di ben duemila anni, ebbe non poche e strane vicende. È antichissima e vien dai primordi della stirpe. Nulla sappiamo della sua forma primitiva, se non questo che dovette esser concepita e tramandata in tanti canti staccati, come si può congetturare da alcuni frammenti epici inseriti nell’Avesta, che è il codice sacro di Zarathustra, e dal consimile svolgersi e comporsi di altre epopee di altre nazioni. Questo però sappiam di certo che nel medio evo iranico, cioè in tutto quel tempo in cui i Sassanidi tennero il trono di Dario, dal 226 al 650 del-