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rato osò dubitare della giustizia divina. Dal tempo di Giobbe all’età recente la stessa domanda del perchè delle cose affatica la mente umana, la tormenta e la cruccia, senza che forse mai essa ne abbia da rinvenire la risposta adeguata! Così e l’uno e l’altro di questi grandi, pur con diverso magistero dell’arte, ora speculando altissimi veri, ora discendendo nelle latebre più profonde del cuore umano, ora narrando con rimpianto la gloria di tempi per sempre trascorsi, segnarono ciascuno indelebile orma nella storia del pensiero umano e quasi ne imbrigliarono e governarono, ora frenando, ora spronando, lo slancio audace e generoso.

Anche Firdusi, cioè il Paradisiaco, come suona in nostra lingua questo nome, l’Omero della Persia, entra, e a buon diritto, in questa schiera. E non vale che qualcuno, troppo ancora imbevuto di viete idee classiche, quasi rabbrividisca udendo il nome d’un poeta barbaro; e non vale che un grammatico tedesco, il Wilken, nella prefazione della sua grammatica persiana, inorridisca al solo pensiero che qualcuno osò mettere al fianco d’Omero questo Firdusi aliosque ineptissimos poetas! Firdusi, il figlio del povero giardiniere di Tûs nel Khorassân, il figlio della gran patria iranica, sovrasta, come aquila librata in una serena plaga di cielo, non solo a tutti i poeti della sua nazione, ma anche a ben altri d’altre ancora, e va collocato (oh! non v’ha dubbio in ciò per chi con amore ne ha ricercata e studiata la gran canzone) accanto a quei maggiori che poco fa abbiam ricordati. Se ricercar le memorie d’un passato glorioso e ravvivarle col verso; se indovinar la più alta aspirazione del popolo e farla sua; se farsi interprete delle idee del popolo e a quelle idee dar parvenza e forma col magistero dell’arte; se tutto ciò costituisce vera dignità di poeta, ove anche, perchè ogni perfezione sia raggiunta, tutto ciò sia riconosciuto dal popolo che applaude e ammira, ecco Firdusi, esempio storicamente vero di tante doti e qualità! Egli fu, come gli altri grandi, il poeta del popol suo e del tempo suo. Passato quel tempo, tramontata la generazione in cui visse, nessuno, là in Persia, prese il posto di lui, come nessuno degli altri grandi ebbe mai o potè mai avere tra i suoi in integro un successore.

II.

L’epopea persiana o iranica, come meglio dovrebbe dirsi, alla quale il Paradisiaco, nel x secolo dell’êra nostra, ha dato splen-