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rito, di notte, per quelle gole e sente urlare il vento, asserisce esser quella la voce lamentosa di Dahâk che piange tuttora e scuote le sue ferree catene.

Il racconto, a questo punto, di quasi mitico si fa eroico, e il poeta rafforza d’un tratto l’arte sua per descrivere fieri atti di valore, tra il sangue e l’alto strepito delle armi.

Una discordia sciagurata, nata per ambizion di regno fra i tre figli del re Frêdûn, riuscita ad un fratricidio, dividerà, scinderà per sempre l’ancora unita e pacifica e concorde famiglia umana, e d’allora in poi s’inizierà la secolar guerra tra Irani e Turani, che sarà il soggetto principale della gran canzone epica, e in descriver la quale tutta si mostrerà la nobiltà del poeta. Un fratricidio, adunque, le darà principio, e la punizione de’ fratricidi le darà un istante di tregua; ma essa più fiera e terribile si rinnoverà per altro sangue cognato che verrà sparso a tradimento dal cupo e malvagio sire dei Turani, Afrâsyâb, e si perpetuerà implacabile per più generazioni di monarchi, finchè quel sangue non sarà vendicato. Ed ecco mille avventure da narrare, mille fatti da raccontare, e Firdusi, seguitando, rappresenterà da maestro il dolore paterno di Frêdûn quando un messaggero abbrunato, venendo dall’Oriente, gli porgerà, rinchiusa in un cofano dorato, la bionda testa di Erag’, del minore dei figli suoi, stato ucciso dagli empi fratelli. E dalla commovente scena passerà a narrar la vendetta del misfatto, quando il giovane principe Minôcihr, un nipote dell’ucciso, inseguirà i rei per lande lontane e deserte finchè darà loro la meritata morte. Al vecchio re, altro, allora, non rimarrà che di morire malinconico e triste lamentando il fato che gli avrà tolti i figli!

Ma ecco entrare a far parte del gran dramma guerriero il maggiore eroe dell’Iran, l’eroe fatato che il popolo ha armato cavaliere, il campione de’ suoi re, Rustem figlio di Zâl, signore del Segestân, selvaggio e ruvido eroe, ma generoso e magnanimo. La madre sua, la bella e avvenente Rûdâbe, era straniera, e però contrasti e liti e dispute in corte di Minôcihr, perchè non si voleva che il giovane Zâl, il futuro padre dell’eroe, impalmasse una principessa d’altro sangue e d’altra fede. I due giovinetti eransi amati senza vedersi mai l’un l’altro, come avviene che per fama uom s’innamora; e però le loro speranze e le smanie e gli affanni e i timori porgono ampia tela di racconto al poeta, il quale bellamente inserisce così, nel suo racconto principale,