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per lui, per lui! 63


qualche orecchio ben fine il suo passo leggero; ma poi, se qualcuno l’avesse seguita con cautela si sarebbe vista davanti, dopo una svolta, la via vuota, avrebbe teso l’orecchio invano.

Ella risaliva il valloncello che mette capo, da sinistra, a quella svolta; lo stretto valloncello dove un rivolo gorgoglia fra le ninfee, l’erba affoga il sentiero e, in alto, le acacie dell’uno e dell’altro pendìo confondono nel sole il loro verde, spandono al di sotto un’ombra dorata. Si ascende per di là ad un quieto seno aperto del colle, e quindi, fra gli alberi, al piano erboso dove una colonna di marmo antico, portata dalle terme di Caracalla in quest’altra solitudine reca sulla base due mani di rilievo che si stringono e le seguenti parole:

Hyeme et aestate
et prope et procul
usque dum vivam et ultra.


Elena ricomparve mezz’ora dopo, più pallida. Chiuso il cancello dietro a sè vi appoggiò la fronte a guardar ancora una volta le care, care piante, a dir loro: «vi vedrò io più mai?» Le alte piante non la intendevano, offrivano sempre, ondulando e mormorando al vento, il poema dell’ombra e della vita, la pace, il fantasticar dolce dell’amore. Ma non voleva udirle, si tolse di là sospirando, se ne andò a capo chino, con le parole della vecchia lapide nel cuore: «d’inverno e di estate, da presso e lontano, fin ch’io viva e più in là.»

Si fermò a messa a Villascura. Uscendo di chiesa trovò Piantoi e don Bortolo in amichevole confabu-