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come gli astri e le palme 387

c’era che da cominciare l’insurrezione con della gente deliberata di farsi schiacciare.

Un’altra domanda venne sulle labbra d’Elena:

«E a Roma?...

Non osò proseguire.

«Provvederò» diss’egli indovinando; «ma vivere insieme, no; basta.

Era tempo di tornare a casa. Anche quest’ora di effusione, quest’ora dell’ultimo giorno era trascorsa, e la vita non ne aveva forse più per essi un’altra così.

Tornarono per la romita strada lungo il canaletto, adagio adagio, in silenzio. Presso al ponte dove la Posèna e il Rovese uniscono le loro acque, Elena ricordò un discorso fatto da lui tempo addietro sui due fiumi che si sentono da lontano e non si vedono, si cercano nella furia dell’amore, si scoprono, si precipitano l’uno all’altro, si uniscono con tempestosa gioia, sereni.

«È stato sul ponte» diss’ella, «il 12 giugno, fra le nove e le dieci del mattino.

«E tu non hai detto niente. Guardavi da un’altra parte. Non pareva neppure che ascoltassi.

Elena si fermò sull’erta del ponte, guardando il sentiero a sinistra, lungo il fiume.

«Vado via senza sapere tante cose di te» diss’ella amaramente.

Cortis le porse la mano senza parlare, l’aiutò a passare la palancola gittata sopra una gora tra il ponte e il sentiero.

«Sono due» sussurrò Elena, «le cose che vorrei sapere.

Egli la fece sedere sul tronco d’un pioppo ca-