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382 | daniele cortis |
Non era una voce, era un alito leggero; non eran le labbra, era l’anima che aveva parlato così.
E ancora ancora si strinse al braccio, con maggiore passione che mai.
«Oh Daniele!» mormorò.
«Sii forte» diss’egli, accorato. «È il nostro dovere.
«Sì, sì, è stato un momento; perdonami! Sono tanto più tranquilla di ieri. Mi sono donata tutta al Signore, sai.
Erano giunti alle prime case; ora non parlarono più sino al greto deserto del fiume.
«Ho fatto il sacrificio, oramai» diss’ella. «Mi sento consolata. Ho qualche momento, così, di spasimo, ma passa subito. Ieri sarei stata contenta di morire pur di non andar via; adesso no. Sai perchè?
Non attese la risposta, soggiunse, a voce più bassa, piegando il viso:
«Perchè sono stata cattiva, sai, incredula orgogliosa per anni e anni. Ho bisogno di soffrire. Allora il Signore mi perdonerà; non è vero? Ho tanta paura anche adesso, di non credere come te, di credere solo perchè voglio bene a te. Se fosse così, Daniele, cosa mi succederà nell’altra vita? Potrò andare anch’io dove andrai tu? Oh Signore, tu sarai tanto in alto!
Egli negò con uno slancio del cuore sincero, con gli occhi ardenti.
«Tu sei umile» disse, «tu sei santa.
«Sono umile col Signore e con te» rispose Elena, «ma con gli uomini no. Ho paura di non poterlo esser mai.
«Ed io? esclamò Cortis.