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quei cinque o sei anni di vita disperata che mi pare di avere ancora nel ventre. Così invece ci tengo alla tua venuta meco. Voglio mostrarti in questo refugium peccatorum di Yokohama, che c’è del buono in me e che ti voglio bene più che tu non pensi; spremute le quali virtù dalla mia pelle, potrò forse andare ai vermi in istato di grazia anche presso di te.

Questa nuova combinazione fa sì ch’io non possa lasciarti tutto il tempo che desideravi, perchè si parte con Spurway il 19.»

Cortis si fermò a pensare che giorno fosse il 19. S’era a domenica 16; dunque mercoledì, subito! La lettera proseguiva:

C’è il compenso che partiamo da Venezia, come volevi tu. Avremo il Bokhara della Peninsulare dove staremo benissimo. Bisogna che tu sia a Venezia, al più tardi, il 18 sera. Telegrafa, se credi, il 18 mattina a T. Spurway, Hôtel Britannia, e sarò a prenderti alla stazione. Se non hai tempo di far molti bagagli non te n’incaricare perchè Spurway mi dice che torna conto provvedersi laggiù; e danaro ne avremo. A ogni modo, della roba se ne può far venire più tardi.

Non so come te la caverai dalle unghie dell’illustrissima signora contessa e del nobilissimo signor conte e di quell’altro tuo reverendissimo spasimante beato Daniele D. C. D. G. A questo ci penserai tu.

A rivederci il 18 a Venezia. Lo fai per virtù, ma, siamo giusti, rinunci a una bella vita, e, perdio, ti stima il

tuo fedele marito
Carmine.»