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«Vuoi parlare, adesso?» disse Cortis piano. Ella fe’ segno di no. Cortis le sedette accanto.

«Ti amo troppo» diss’ella con voce spenta, guardando sempre nell’acqua. «Sono troppo debole.

«No, no» soggiunse subito, temendo, a una esclamazione di Cortis, essere stata fraintesa. «Non dico in quel senso, di quello non ho paura, so bene che tu sei tanto nobile, tanto forte; e non credo neppur io di esser troppo debole in quel senso. Dico che non ho la forza di parlare perchè, non so, mi pare che se parlo sarà finita, andrò via e non ti vedrò più.

Afferrò a un tratto con ambo le mani, ansando, quelle di Cortis, lo chiamò, soffocata dalla passione:

«Daniele! Daniele!

Egli si sciolse dolcemente da quella stretta, andò a vedere se vi fosse nessuno sul viale. Nessuno. Allora tornò da lei, le porse la mano.

«Andiamo» diss’egli.

Ella si alzò, docile, cercando leggere nel viso risoluto di lui.

Cortis le prese il braccio, la trasse verso il viale.

«Bisogna aver forza» disse. «Bisogna raccontarmi, tutto, assolutamente, subito.

Ella tremava e non rispondeva.

Egli ripetè «subito.

«Lo devo proprio?» diss’ella. «Lo devo proprio?

«Dunque» rispose Cortis «cosa scrive tuo marito?

Ella obbedì, affascinata, come sempre, da quella voce, si sforzò d’incominciare la storia dolorosa. Dovette rifarsi da capo cinque o sei volte perchè il tremito interno le rompeva la parola. Non sapeva raccapezzarsi, smarriva il filo del racconto, dimenticava ora una cosa ora l’altra. Camminavano adagio,