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nel poema dell’ombra e della vita 361


Cortis sospirò.

«La lettera è di tuo marito?» diss’egli. «È lui che ti vuol togliere di qua?

Ella accennò di sì.

«Ma per sempre? Come per sempre?

«Sì» diss’ella. «Ora non puoi capire; ti spiegherò.

Tacquero ambedue. Scorsi pochi istanti, Elena osservò timidamente che bisognava scendere per non far troppo aspettare gli altri. Scesero senza dir parola, ella davanti, egli dietro. Elena si fermò presto, gli stese la mano, dicendo con voce angosciata:

«Sei in collera?

Egli afferrò la gelida mano, v’impresse le labbra.

Un altro passo ed Elena si voltò ancora, lo guardò in silenzio, con gli occhi luccicanti, si provò a sorridergli.

Trovarono vuoto il viale di carpini; gli altri erano passati, senza dubbio. S’incamminarono a sinistra verso il lago. Uscendo dall’oscuro viale nel chiarore del cielo bianco, del bianco specchio d’acqua, si fermarono. Silenzio e deserto; non una persona, non una voce. Solo allora, vedendo bagnata l’erba della riva, Elena s’avvide ch’era piovuto. Adesso non pioveva più, l’acqua taceva, immobile. Ma certo lo zio Lao era tornato indietro.

Elena sedette sul tronco dove s’era seduta il giorno prima e non guardò che fosse umido. Era tanto stanca! Appoggiato il gomito destro al ginocchio e il viso sul palmo, guardava il lago. La montagna velata di nebbia, i carpini in giro, l’erbe cadenti dal ciglio della riva, e lei stessa, la muta figura accorata, parevano inchinarsi al mistero dell’acqua profonda, interrogarne il silenzio.