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una cosa grave 23


«Anniamo, anniamo avanti» disse il senatore. Non gli garbava che si parlasse forte di queste cose tanto vicino a casa. Ma in quel momento Elena lo chiamò dalla finestra.

«Carmine!

Il barone si voltò, guardò in su. I preti si voltarono pure, salutarono con certa sgomenta umiltà piegando il collo, alzando gli occhi. La baronessa accennò appena del capo e chiese a suo marito se Cortis fosse ancora in sala.

«Sì» diss’egli «Perchè?

«Perchè gli debbo parlare» rispose Elena tranquillamente; e chiuse la finestra.

«E la mamma?» diss’ella, volgendosi a suo zio. «Cosa dice la mamma?

«Hai chiuso bene?» rispose il conte, tirandosi giú il bavero. «Lei si cruccia, lei piange, lei se la piglia con me perchè non sono persuaso niente affatto di accontentare il suo signor genero. Nè mi persuaderò mai. Se vuole far lei dei sacrifici con la roba sua, padrona: ma non credo che ci senta molto da quell’orecchio.

«Povera mamma!» disse Elena, sorridendo. «Le lagrime le costano meno. Addio, zio.

Gli stese la mano. Il conte Lao la strinse forte fra le sue, la trattenne un momento senza parlare.

«Senti» mormorò con voce soffocata. «Mi conosci, ah?

Ella gli offerse anche la sinistra, e raccolse a sè, con impeto affettuoso, le mani di lui.

«Basta» diss’egli.

Elena era ben sicura di quel virile cuore, tanto leale, tanto caldo sotto un’inerzia lunatica, nata da