Pagina:Daniele Cortis (Fogazzaro).djvu/329


occulto dramma 319


Ella si piegò tutta un momento verso di lui, portata da un impeto muto; le sue labbra segnaron l’atto di un bacio. Ripiegò tosto indietro, lo guardò ancora e poi aperse il libro con mani tremanti, lo sfogliò anche lei avanti e indietro, a lungo. Finalmente porse a suo cugino il libro aperto, tenendovi l’indice sopra un punto dov’egli lesse: «My little body is a-weary of this great world.»

«Il mio piccolo corpo è stanco di questo gran mondo.» Le tristi parole additategli silenziosamente gli misero nell’anima un freddo, un turbamento arcano. Le guardò ancora, poi alzò gli occhi ad Elena come per interrogarla; ma ella teneva i suoi chini all’acqua addormentata.

«Il Mercante di Venezia» diss’egli. «Non me ne ricordavo.

In quel momento un suono di campane arrivò sul lago deserto; altre campane risposero da un’altra banda.

«Mezzogiorno!» esclamò Elena, alzandosi, sorpresa che fosse già così tardi. Al tocco, di solito, si portavano le lettere a casa Carrè. Le ore del mattino erano le più angosciose per Elena. Dopo l’arrivo della posta respirava un poco, gustava con avidità intensa la sua dolce casa, le sue montagne, la presenza e le parole dell’amico, con questo pensiero che fino al tocco dell’indomani poteva vivere in pace, lettere non ne capitavano più.

«Hai fretta?» disse Daniele, senza moversi. «Ascoltiamo un poco queste campane.

Ella tacque, si volse a guardar fra i carpini verso il fondo della valle, verso casa. Qualche occhiata di sole pallido moveva ora sul vicino prato, sulle