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310 | daniele cortis |
All’indomani mattina Lao capitò verso le nove, solo. Elena era rientrata tardi, si sentiva stanca. Sarebbe venuta, forse verso mezzogiorno. Del resto lui doveva fermarsi a Roma per affari, non sapeva ancora quanto; ma Elena e sua madre erano disposte a partire con Daniele anche subito. Questi balzò a sedere sul letto. Il diretto diurno per Firenze non partiva alle dieci e quaranta? C’eran quasi due ore di tempo. Lao si mise a ridere, dicendo:
«Eccolo la! Un ragazzo!
«Già» fece Cortis, alquanto mortificato, «per le signore sarà impossibile, ma per me andrei certo.
Intanto sopraggiunse il medico e dopo un breve battibecco, si dovette, per il minore dei mali, accontentare Cortis che protestava di non voler differire la partenza oltre quella sera stessa; e fu stabilito che partirebbe col diretto in un coupè a letto e che il medico lo accompagnerebbe almeno fino a Bologna.
Lao usciva per andar ad avvertire le signore, quando Cortis lo richiamò per dirgli, con una repentina commozione inesplicabile, di pregar Elena a volersi recare da lui tosto lo potesse.
Ella era appena alzata quando lo zio le riferì questo invito. Andò subito a Montecitorio.
Cortis la ricevette con le lagrime agli occhi, le domandò se sapesse ch’egli sarebbe partito per il Veneto la sera stessa, se fosse vero che sua madre e lei si disponessero a partir con esso. Elena gli rispose di sì semplicemente, senz’altre spiegazioni. Egli le disse allora ch’era stato tanto felice di apprenderlo dallo zio Lao, che questa felicità gli aveva fatto dimenticar tutto fino a pochi momenti prima, quando gli era balenato il dubbio di commettere una