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devo andare? | 309 |
Cortis non fiatò.
Allora Lao descrisse al dottore Passo di Rovese e la vita che Cortis vi farebbe, almeno per qualche tempo; perchè fino a guarigione intera e sicura il signor Daniele non si lascerebbe andare a Villascura, si terrebbe prigioniero in casa Carrè. Lao lo guardava spesso, parlando; spiava se ci fosse qualche indizio di sgelo. Nulla. Disse allora dei passeggi che il convalescente farebbe nel proprio giardino di Villascura e ne raccontò i boschi, i valloni, il lago, le fonti. Cortis, coricato sul fianco, col viso alla parete, non si moveva, pareva che dormisse. E Lao proseguì a dire che sua nipote era innamorata di quel giardino. Anche lei ci andrebbe ogni giorno, sicuramente. Amava tanto i belli alberi! Il suo prediletto era un superbo platano col tronco bipartito, lontano da casa, lungo una stradicciuola pittoresca.
«Un tiglio» disse Cortis, senza voltarsi.
«Benedetto da Dio» esclamò Lao, «che la parla! Un tiglio, sì, signore, giusto un tiglio.
Allora Cortis osservò, con un’arte suggestiva affatto nuova in lui, ch’Elena, naturalmente, si tratterrebbe a Roma, non verrebbe nel Veneto. Lao protestò contro il naturalmente. Perchè naturalmente? Forse subito, forse tra qualche giorno verrebbe anche lei di certo. Cortis la vedrebbe l’indomani mattina. Allora si potrebbe fissare tutto d’accordo col signor dottore, che favorirebbe di lasciarsi vedere anche lui l’indomani mattina, all’ora solita. Cortis tornò di buon umore tanto che il medico esortò Lao a partirsene con lui perchè non avesse a parlar troppo, a sovreccitarsi, e quindi forse a soffrire d’insonnia nella notte.