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battaglie notturne 299

Affrettò il passo e, un momento dopo, entrava alla Minerva.

Un cameriere aveva l’ordine di avvertirla che il suo signor zio l’aspettava nella propria camera, a qualunque ora fosse tornata, assolutamente. Anche questa pena: dover nascondere, dissimulare! Non le parve di poterlo in quel momento, fu per dire al cameriere che la precedeva di lasciar dormire il conte perchè oramai era troppo tardi; ma non ne fece nulla, onde colui picchiò all’uscio, l’introdusse e, posata la candela, si ritirò.

Il conte Lao stava a letto leggendo. Buttò via il libro e alzò il capo dal guanciale, voltandosi a guardar la nipote.

«Oh!» diss’egli «credevo che non venissi più.

Elena non s’appressò al letto e rispose ch’era tanto stanca, che aveva tanto sonno. Il conte taceva guardandola.

«Buona notte» diss’ella esitante.

Suo zio tacque ancora un momento e poi le disse con un brusco, imperioso inchinar del capo:

«Vieni qua.

Ella fece due passi verso di lui, adagio, adagio, si fermò, gli susurrò:

«Cosa vuoi?

«Piglia quella sedia» diss’egli.

Elena lo pregò di lasciarla andare, gli allegò ancora la stanchezza, il sonno.

«Ma che sonno!» rispose lo zio inesorabile. «Dormirai domani. Piglia quella sedia, mettiti lì e conta.

Ella non obbedì ancora. Era venuta volentieri a dargli la buona notte ma poi bisognava farsi un po’ di riguardo anche per la gente dell’albergo.